Malattie psichiche e delitti: "Escalation preoccupante. Certi pazienti da seguire a casa, ma non c'è personale"
Source: BergamoNews
Bergamo. Premessa fondamentale: non parliamo di un'equazione esatta. Il rischio, è di stigmatizzare ancor di più queste patologie e le persone che ne soffrono. "Proprio così, non vi è per forza una correlazione tra malattia mentale e violenza", mette in chiaro Emi Bondi, presidente della Società italiana di psichiatria, nonché direttrice del dipartimento di Salute mentale dell'ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Un dato su tutti: solo il 5% delle persone imputate di omicidio vengono dichiarate inferme di mente.
Ma se tre indizi fanno una prova, tre delitti legati dallo stesso filo devono suonare come un grosso (anzi enorme) campanello d'allarme. Il filo che li lega è appunto il disturbo psichico. Che, in tutti e tre i casi, ha armato ancor prima del coltello la mano di chi ha commesso il crimine.
L'ultima a farne le spese è stata la 49enne Joy Omoragbon, uccisa il 28 marzo a Cologno al Serio dal compagno Aimiose Osarumwense, 45enne nigeriano per il quale si era già reso necessario un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) e la presa in cura in alcuni centri psicosociali della zona (Cps). L'uomo è stato trasferito dal carcere al reparto di Psichiatria del Papa Giovanni, dove sabato mattina sarà interrogato dal gip Vito di Vita. Secondo quanto ricostruito, lo scorso novembre avrebbe smesso di assumere i farmaci che gli erano stati prescritti, mentre a dicembre avrebbe perso il suo lavoro da operaio in una ditta di verniciature a Morengo. Conseguenza: i suoi disturbi si sono riacutizzati, probabilmente esasperati da una precaria condizione di vita sociale ed economica (agli inquirenti ha detto di vedere "i fantasmi").
"La continuità della presa in carico del paziente è un aspetto fondamentale - puntualizza Emi Bondi -. C'è però un problema: spesso, proprio chi ha più bisogno mostra meno disponibilità a farsi aiutare. Per questo è fondamentale la collaborazione dei familiari". Solo 48 ore prima della tragedia, Osarumwense era stato accompagnato da Joy in un Cps della Bassa Bergamasca per farsi aiutare.
Scene viste e riviste. Anche Caryl Menghetti, la mattina del 25 gennaio, era stata accompagnata dal marito Diego Rota in ospedale a Treviglio. La donna, 46 anni, aveva manifestato intenti violenti verso il coniuge, ma dopo la visita in Psichiatria era stata dimessa con una terapia farmacologica, con la semplice indicazione di rivolgersi al medico di base. Nemmeno ventiquattrore dopo Rota, falegname di 56 anni, è stato ucciso con una ventina di coltellate nella camera da letto della loro villetta a Martinengo, a pochi passi dalla stanza della figlioletta di 5 anni. Già qualche anno prima, in seguito a un trauma personale legato alla gravidanza, Caryl aveva mostrato delle turbe omicide verso il marito ed era stata sottoposta a Tso.
Ancora prima, il 28 ottobre, Matteo Lombardini si era servito di un coltello per uccidere il padre Giuseppe nella loro abitazione a Nembro. Il 35enne aveva avvertito chi gli stava attorno del suo malessere, di quelle "voci" che che erano tornate ad affollare la sua mente, rischiando di fargli perdere il controllo. "Quattro giorni prima si era fatto accompagnare all'ospedale di Alzano, ma gli è stato risposto che non c'era posto - ha denunciato il cognato -. Ora passerà per un carnefice, ma non posso smettere di pensare che anche lui sia una vittima del sistema".
Un sistema che non funziona per motivi noti e arcinoti. "Il personale medico scarseggia in tutta la sanità e la psichiatria non fa eccezione - ammette Bondi -. All'aumentare dei disturbi, purtroppo corrisponde una diminuzione delle risorse per farvi fronte". Sarà una coincidenza, ma "non ho mai visto così tanti casi di cronaca legati a patologie psichiatriche come negli ultimi due anni. Fa specie vedere un incremento simile".
Dopo la pandemia si è registrato un notevole aumento di queste patologie, come ha fatto più volte presente l'Organizzazione Mondiale della Sanità. "In zone dove il Covid è circolato in maniera importante sono aumentate del 30% - osserva la dottoressa Bondi -. Bergamo, in questo senso, è una zona cerchiata col bollino rosso". La bacchetta magica (a partire dai fondi promessi e mai erogati) purtroppo non esiste. "Una riattivazione della rete territoriale è quantomai necessaria - auspica Bondi -. Anche le Case di comunità sono chiamate a fare la loro parte". A proposito, sulla reale funzionalità della maggior parte di queste strutture pende ancora oggi un grosso punto interrogativo.
"Da vent'anni ci occupiamo di queste problematiche e posso dire che il personale sanitario in grado di seguire determinati pazienti è davvero ridotto. Una volta dimessi dagli ospedali e dai reparti di Psichiatria, questi andrebbero seguiti anche a domicilio - interviene Maria Fantini, presidente dell'Associazione Aiutiamoli per la Salute mentale di Bonate Sopra -. Noi stiamo portando avanti un progetto finanziato dagli ambiti territoriali di Dalmine, Isola Bergamasca, Treviglio e Romano, oltre che dalla Fondazione della Comunità Bergamasca, per far sì che gli operatori di alcune cooperative vengano inviati al domicilio di queste persone, segnalate dai Cps o direttamente dai Comuni".
L'obiettivo è quello di inserirle pian piano in realtà di socializzazione. "Come gli oratori o la Croce Rossa, facendo svolgere loro qualche piccola attività - aggiunge ancora Fantini -. Il martedì e il sabato pomeriggio frequentano il nostro spazio a Bonate Sopra. Fanno arte-terapia e pet-therapy (terapia tramite animale da affezione, ndr) abbinata a momenti ludici. Se non c'è domiciliarità e non ci sono progetti - osserva la presidente dell'associazione - è più difficile tenere sotto controllo le singole situazioni. Tutto varia da patologia a patologia - precisa -, ma anche persone all'apparenza tranquille possono avere comportamenti pericolosi e il rischio di sottovalutare certi segnali è dietro l'angolo". Morale: se nessuno ha la sfera di cristallo, gli ultimi casi di cronaca servano almeno da lezione (falle del sistema permettendo).